I nostri Cd

 L’Italia l’è malada                           

In collaborazione tra il Coro Ingrato e Calusca City Lights, Archivio Primo Moroni e CSOA Cox 18 inizia, nel gennaio 2013, con una decina di incontri settimanali, molto partecipati, sul canto popolare e sociale. Il coro propone, in maniera molto divulgativa, una serie di canti accompagnati da note esplicative e dalla proiezione di alcuni video. Al termine di questi incontri, un gruppetto prevalentemente femminile, si aggrega al Coro. A fine estate 2015 i compagni della Calusca propongono al Coro di registrare su Cd alcune canzoni i cui testi compaiono in un fumetto di “controstoria” pubblicato nel marzo 1977

SE PARTIGIANO IO SON

(2005) Oltre che spettacolo con proiezione di diapositive è anche un CD che raccoglie canti e versi, alcuni inediti, racconta una resistenza vista da tre angoli diversi; quello politico-ideologico, quello militare e quello popolaresco. Tre aspetti di una resistenza con un minimo comun denominatore: cacciare fascisti e tedesci e riconquistare libertà e dignità nazionale.

Le canzoni

Mentre dai microfoni dell’EIAR Odoardo Spadaro addormentava le italiche coscienze con il suo “Valzer dell’organino” i partigiani garibaldini dislocati attorno a Vetto d’Enza davano spessore a quel testo modificandolo in “Se partigiano io son”.

Anche nel quartiere romano di San Basilio qualcuno aveva lanciato il suo grido “Cinque guerre ci ha dato re Vittorio” e poi sull’aria degli stornelli del sor Capanna aveva scritto “Prima che se cantava bandiera rossa”.

Il malcontento dilagava su tutto il territorio nazionale.

A Novara si cantava (o meglio si fischiettava) l’aria “All’armi siam fascisti” ma il testo, appena si poteva cantare, era “Benito, Benito” a cui rispondeva dalla Romagna, e sempre sulla stessa aria “El dio del vilan l’è la cariola e il suo testo sacro è il badile mentre la ruota cigola avanzando tra i solchi appena arati e terra e sole che secca la gola”. Come è successo tutto ciò, si domanda il contadino, perché Lenin mi ha abbandonato?

Si cominciano a formare le prime brigate di resistenza. “Marciam marciam” nasce nel ’43 sull’aria di una marcia militare scritta per banda da Alfredo Palombi nel 1875 mentre il testo è di Antonio Di Dio. Era l’inno della formazione ossolana di Filippo Beltrami.

In montagna sull’aria della vecchia “Ta pum” nasce “Questa sera si va in azione” .

La “Buona notte di Radio Libertà ‘ è stata composta dal paroliere Ugo II e la musica è di Scat, alias Hans Striker. Nell’estate del ’44 questa emittente trasmetteva da Sala Biellese. L’inizio delle trasmissioni, prima della sigla, era scandito dalle prime note di “Fischia il vento”.

“La brigata Garibaldi”, il più popolare tra i canti partigiani, ha la sua origine musicale da un canto risorgimentale e il testo è opera dei partigiani Mario Bisi e Rino Pellicciara di stanza a Castagneto di Ramiseto (RE).

Ma la più genuina delle canzoni è senza dubbio “Dalle belle città” nata alla cascina Grilla nel marzo del ’44. Cini scrive su carta da pacco il testo e Lanfranco, un giovane studente del conservatorio, musica le prime quattro righe sull’aria di un canto sovietico, poi decide di mettere un po’ di sale italiano e s’inventa “siamo i ribelli della montagna”. Ecco perché la canzone presenta due aspetti ben distinti; in tonalità minore la strofa, maggiore il ritornello. Il testo originale della canzone è oggi conservato nella Biblioteca dell’Istituto per la Storia della Resistenza di Alessandria.

“Valsesia” è un canto che il nostro Gianfranco aveva appreso direttamente da un giovane partigiano che periodicamente entrava a sera tardi nella sua casa in periferia, per ascoltare “Radio Londra”. E Gianfranco la ricordava con la stessa emozione con cui rammentava quei momenti che da bambino viveva anche con giustificata paura.

”Foglie” si rifà ad una canzonetta dell’epoca e il testo è di Francesco Pini “Ulisse” il quale auspica che l’autunno non faccia cadere tutte le foglie degli alberi che servono a nascondere agli occhi nemici il passaggio dei partigiani.

Nelle osterie e nelle città le canzoni sono più ironiche, più popolane. “E alora bojorno”, “I ne ga meso de la Todt” l’organizzazione paramilitare tedesca che reclutava italiani da avviare al lavoro nelle fabbriche belliche. La musica è sull’aria del “Tango delle capinere” del 1927 e sempre degli stessi autori Bixio e Cherubini è “Il fox-trot della nostalgia” da cui deriva questa dissacrante “Sulla sponda argentina”.

“Lilì Marlen” di Schultz e Leipt è una delle più discriminate melodie, anzi belle melodie, che la storia della musica leggera ricordi. Non solo è stata vietata in Italia dopo il ’45 perché prodotta dalla Germania nazista, ma era sconsigliata anche in Germania, anzi odiata dal maresciallo Goebbels che la riteneva una canzone rinunciataria. Ebbene questo canto ha attraversato tutto il periodo nazista. La versione italiana era cantata da Vivi Gioi con l’orchestra di Cinico Angelini. E su quest’aria il poeta comunista Spartacus Picenus (al secolo Raffaele Mario Offidani di S. Elpidio a Mare) scrisse “Tutta la storia”.

Nel settembre ’43 la divisione Acqui veniva sterminata dai tedeschi a Cefalonia. Come riferisce P.P.Pasolini solo alcuni sopravvissero e lasciarono questa testimonianza sull’aria del canto” Sul ponte di Perati” “Banditi della Acqui”. Mentre su un’aria più prosaica “Laggiù nel paradiso delle Haway” alcuni partigiani piemontesi cantavano “Lassù sulle colline del Piemonte”.

“O Germania che sei la più forte” è stata scritta sull’aria del canto più conosciuto come “Addio padre e madre addio”, ma la metrica è la stessa di “O Venezia che sei la più forte”. Il Coro Ingrato la esegue per la prima volta su quest’aria.

Dopo il ’43 anche gli italiani furono deportati nei campi di sterminio tedeschi. La lirica “Il martire di Pasqua” è stata scritta in uno di questi campi da un cittadino di Sesto S. Giovanni, la canzone “Die Moorsoldaten” o “I soldati della palude” fu composta dagli internati tedeschi antihitleriani e poi diffusa dagli ebrei francesi. Gli ebrei italiani la tradussero poi nella nostra lingua.

La tragica campagna di Russia dei nostri soldati dell’ARMIR riportò in Italia, assieme ai pochi sopravvissuti, un canto sull’aria di Katiuscia di Vladimir Isakovskij e M. Blanter dal titolo “La tradotta corre verso il piano” che piacque molto al colonnello Felice Cascione, medico, comandante della 2ª Divisione d’assalto Garibaldi operante ad Imperia il quale su quell’aria scrisse “Fischia il vento”.

Cinaglio è un piccolo comune in provincia di Asti dove, si dice, il parroco lanciò nelle sue omelie invettive contro i partigiani cercando di terrorizzare le virginee fanciulle. La risposta sta ne il “Il parroco di Cinaglio”.

Dopo il 1945 le canzoni post-resistenziali si accavallarono con quelle nate durante i bivacchi in montagna. “Festa d’Aprile” è di Franco Antonicelli su musica di Sergio Liberovici, mentre “Se non ci ammazza i crucchi” ha tutta l’aria di essere stata composta da Dario Fo.

E’ di Dario Fo e di Enzo Iannacci “Sei minuti all’alba”.

Il canto di osteria “Quando vedrai” è il rifacimento di una canzonetta “Prima stella”, mentre “Cime nevose” ricalca l’aria della splendida canzone popolare friulana “Ai preà le biele stele e le Sant del Paradis”.

Non esiste traccia di “Bella ciao” in tutti i canti conosciuti dalle brigate partigiane prima della Liberazione.

Ezio Cuppone

VENTO DEL ‘68

Anche questo oltre che spettacolo con proiezione di diapositive è anche un CD. E’ il lavoro più impegnativo del Coro Ingrato. Rievoca e racconta le aspettative, le speranze, le utopie, la violenza, l’amore, la cultura di quel magico periodo che si chiama ‘68, attraverso le canzoni cantate o gridate da chi quel periodo lo ha realmente vissuto e da chi ne ha sentito solo parlare. Oltre all’impegno profuso è stato per il gruppo anche un grande momento di scontro, di confronto e di crescita. Lo sarà per chi lo ascolta e vuol conoscere la vera storia di quegli anni.

Le canzoni nel disco

Anni 70 nati dal fracasso (Pietrangeli) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Valle Giulia (Pietrangeli) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Uguaglianza (Pietrangeli) d. Bella Ciao/Ala Bianca

O cara moglie (Della Mea) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Contessa (Pietrangeli) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Io so che un giorno (Della Mea) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Natale ’68 (anonimo)

Il vestito di Rossini (Pietrangeli) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Dalle vostre galere (Bandelli – Cuppone) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Sciopero interno (Amodei) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Sfruttati (Cuppone) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Nina ti te ricordi (Bertelli) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Siamo stufe! (anonimo)

La ballata dell’affitto (Salviucci) Ed. Bella Ciao

Stornelli pisani (Salviucci) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Uomini e soldi (Amodei) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Partono gli emigranti (Bandelli – Cuppone) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

E qualcuno poi disse (Nebbiosi) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

La Comune non morrà (Pietrangeli) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

L’ora del fucile (Masi-Nissim-Assuntino)

Le basi americane (Assuntino)

La ballata della Fiat (Salviucci) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Ricordate brava gente (Cuppone)

La ballata del Pinelli (Santi – Straniero) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

La caccia alle streghe (Salviucci) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

Questo amore (Vorrei dirtelo tutto d’un fiato) (Amodei) Ed. Bella Ciao/Ala Bianca

L’internazionale di Fortini (Franco Fortini)

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