Gianfranco Bianchi
Sabato mattina (14 dicembre 2019) abbiamo salutato Gianfranco al Cimitero di Lambrate in una sala gremita di compagni, amici, ex studenti.
Un primo saluto veramente glielo avevamo dato sotto casa sua sulle note di Bella ciao che però è venuta malino perché piangevamo quasi tutti.
La cerimonia ha visto alternarsi parole e musica; parole delle persone che più gli hanno voluto bene: sua figlia Paola, la sua compagna Christine, Maria Teresa strette in un abbraccio da sembrare una cosa sola; parole dei compagni con cui ha condiviso tante battaglie, all’interno dall’Anpi come nelle piazze durante tutta una vita.
Negli anni di militanza nella sezione Stadera-Gratosoglio, dapprima come vicepresidente e poi come presidente, Gianfranco ha sostenuto con determinazione l’importanza del dialogo con l’associazionismo giovanile antifascista: molti infatti sono stati i giovani intervenuti per augurargli buon viaggio (Collettivo Zam e GTA). Instaurare un rapporto di amicizia col Movimento “Kethane, Rom e Sinti per l’Italia” e con il Villaggio delle rose, è stato un altro punto del suo programma sul quale ha lavorato alacremente gettando le premesse di una assidua e proficua collaborazione: Dijana Pavlovic e Toni Deragna hanno preso la parola per ringraziarlo ancora e cantargli una canzone che lui amava moltissimo: l’inno rom Gelem, gelem. Altri sono stati i momenti musicali che hanno rimesso energia in circolo stemperando la commozione: brani partigiani del Coro ingrato così come altre militanti e scoppiettanti melodie della banda degli ottoni. I compagni e le compagne di Ya Basta e Casa Loca, oltre a ricordare il suo ruolo di formatore e profondo conoscitore della realtà del Chiapas, dove ha operato per vari anni come docente di matematica, hanno tradotto e letto dei comunicati attestanti il suo importante ruolo nel contesto internazionalista. E poi ancora canti perché al nostro presidente più di tutto, ci ha confidato sua figlia Paola, piaceva cantare. Sono state ricordate le molte sue qualità: la generosità, la vitalità quasi disperata, l’entusiasmo contagioso, l’allegria, l’abnegazione, la coerenza di testimoniare i suoi valori nella vita di tutti i giorni, la capacità di confrontarsi con chi non la pensava come lui nel rispetto delle idee, ma anche la determinazione testarda e lo spirito battagliero.
La commozione è stata tanta, certo, anche se quel saluto a molti non è sembrato un commiato. Qualcuno ha detto: “parleremo di te sempre al presente”. E uscendo dalla sala, tra pugni chiusi e abbracci, si percepiva una tensione positiva verso un modello difficile da eguagliare, che è stato il suo esempio di una vita piena di senso, vissuta all’insegna dei valori di giustizia e difesa dei più deboli, di antifascismo, antirazzismo, antisessismo e anticapitalismo come pratiche quotidiane: dal caffè zapatista ai pasti frugali, dallo stile dimesso, che pure sulla sua persona imponente non era privo di fascino, alla casa quasi spoglia ma impreziosita di dignitosa autoconsapevolezza.
Da ultimo Marco Cavina è giunto a una grande sintesi: “è un dolore che non so dire! Pensando a Gianfranco mi risuonano le parole…Ci giunga un giorno la notizia di una locomotiva come una cosa viva lanciata a bomba contro l’ingiustizia”. Questo era Gianfranco.
Ciao, Antonio
Antonio ci ha lasciati nella notte del 9 ottobre 2011.
Apriamo questa pagina a tutti coloro che vogliono ricordarlo con noi.
Il 22 ottobre alle 10 all’Arci di via Bellezza hanno ricordato Antonio gli amici e i compagni che in questi anni lo hanno conosciuto
Ricordiamo Antonio (foto)
Cecilia Chiovini:
Caro Antonio,
ti vedo sempre
Sei sempre con noi
con la tua chitarra
il sorriso sornione
e la voce bellissima
Gabriella Merlo
Alcuni anni fa regalandomi una registrazione in cd del “Bosco degli Alberi”, Antonio mi scrisse una dedica sulla copertina: “A Gabriella compagna di un pezzo degli anni più belli della mia giovinezza”. Vero, è stato proprio così, un pezzo della nostra vita si era unito in quegli anni, tutti avevamo un grande entusiasmo e tanta voglia di esprimere il nostro senso di cambiamento della società , attraverso le nostre voci e le nostre parole. Quel pezzo di giovinezza trascorso nell’impegno giornaliero tra il lavoro, lo studio, la politica e le nostre canzoni ma anche le continue discussioni. In quegli anni vivevamo le stesse emozioni e la nostra partecipazione all’interno del gruppo era prioritaria perché motivata da grandi ideali ma anche grande amicizia e stima. Antonio era la nostra voce narrante ed anche il mio idolo, bello e fiero, intelligente e colto, passionale nelle sue convinzioni politiche, ma anche ironico con le sue battute che mi facevano tanto ridere… Allora ci si sentiva forti, credevamo alle nostre idee ed alle nostre potenzialità. Invece non ….sapevamo di essere fragili, fragili per la nostra vita, per molti purtroppo troppo breve. Molti amici in questi anni mi hanno e ci hanno lasciato, molto prima della vecchiaia,molto prima della tranquillità che ci aspettavamo. Caro Antonio, negli occhi del tuo adorato figlio rivedo te, lo stesso sguardo deciso, sono sicura che non avrai mancato di trasmettergli tutto il tuo sapere…. Grazie della passione e dell’amore che ci hai dato, grazie della tua preziosa amicizia. Per come hai condotto la tua vita ti dedico queste parole …le rose profumano di rose……. Mi mancherai tanto, sempre.Monica Trabattoni
Nonostante le perplessità di molti avevi tanto insistito per provare e riprovare una canzone con un titolo che adesso acquista un particolare significato: “Numi voi siete spietati”. Lo sapevamo già prima, ma adesso ogni ora che passa mi e ci rendiamo conto di quanto fossero necessari i tuoi suggerimenti sugli arrangiamenti, le intonazioni, le interpretazioni ed il peso da dare alle parole. Non solo le parole delle canzoni, ma anche quelle del Coro. Le parole forti di certe sere cariche di tensione che molto spesso grazie a te siamo riusciti ad attenuare, lasciandocele alle spalle come le giornata pesante che magari avevamo avuto. Tante proposte in risposta ai dubbi: questa come si canta e chi la canta e perché la canta? Per il disco sul ’68 abbiamo passato più tempo a discutere che a cantare, sono stati momenti di confronto di diverse posizioni e per me, che in quegli anni potevo militare solo all’asilo delle suore, un modo per conoscere la nostra storia recente. I dubbi ce li hai lasciati fino alla fine: alura…sei morto o no nella stessa data del Che, comunista rivoluzionario che non sei altro?!La memoria del passato e uno sguardo al futuro, come quando ci hai detto che avevi trovato un diario di tuo padre di cui non conoscevi l’esistenza e che “ci volevi fare qualcosa”, o come quando, sorridendo, ma con malcelato dispiacere ci hai detto che Federico sarebbe andato ad abitare per conto suo, con queste testuali parole: “Quando un figlio va via, ti manca il confronto; un po’ come perdere i contatti con il futuro”.
Già perché pensavi di avere ancora molto futuro davanti…
Ci eravamo salutati con l’idea che non ti avremmo visto per un mesetto e quindi per questo avevamo sentito la necessità di fare delle doppie prove prima della tua partenza, perché sapevamo che la tua presenza era importante.
Hanno un bel dire che è stata una bella morte… meglio di una lunga malattia…mah, forse vero, però io non la mando giù lo stesso!
Ognuno di noi ha in testa un elenco di persone di cui si potrebbe tranquillamente fare a meno e sono sicura che tu non rientri nell’elenco di nessuno.
Insomma, io a questo fatto non mi rassegno.
Per essere espliciti: mi hoo perdù la Trebisunda, ma ti te set un Malnatt!
Anna
E’ che io ti ho conosciuto nella tua cucina, cantando questo mio amore. e tutto l’imbarazzo della conoscenza con “il papà del fidanzato” è scivolato via in un secondo, nel calore di una voce che, mannaggia, Federico proprio non ha.E poi ho conosciuto i tuoi sguardi dolci e i tuoi abbracci, ho spiato l’amore per la tua famiglia e la gioia delle cene insieme, con la tavola apparecchiata a festa, e il vino e l’aperitivo.
E poi le chiacchiere per una vita complicata, ma il sorriso quello sempre, il sorriso quello del “resistiamo”. e la tua ultima email, in risposta ai miei auguri per il tuo compleanno, quel noi in fondo ce la caviamo se il mondo non crolla sotto le varie manovre e manovrine.
qui sono rimaste ste fottute manovre e manovrine.
E noi qui, con lo stesso tuo sdegno e un dolore prima ignoto.
Io ti ho voluto bene e mi viene da piangere. piangere per me, non solo per il dolore negli occhi di Jole e Fede.
Tiziana Oppizzi
Nei giorni scorsi, a botta calda, c’è stato il rifiuto a pensare che i prossimi martedì tu non eri più tra noi e che non avremmo più potuto chiacchierare in macchina durante la strada che ci portava alle prove del nostro coro .Mi ripetevo che non era possibile, non poteva essere vero!
Solo oggi riesco a mettere a fuoco le immagini che troppo velocemente passano nella mente in questi tristi momenti.
Poi ho cercato di ricordare quando ci siamo conosciuti, o meglio ritrovati.
E mi sono ricordata che nel 2005, 2006 dopo tanti anni, ci siamo incontrati durante le prove e riconoscendoti, ti ho domandato se per caso avevi una sorella di nome Donatella e che io ero la sua compagna di banco delle elementari.
E’ stata una “carrambata” che ci ha fatto ridere di cuore, prendendo atto del fatto che erano passati “solo” cinquant’anni da quando venivo a fare i compiti a casa vostra!
Nel nostro coro il tuo carattere gioviale e burlesco predisponeva al sorriso e sapeva stemperare gli inevitabili momenti di tensione che ogni tanto si creavano. Avevi la capacità di unire e di farci ragionare in modo “collettivo”, non parziale, ristretto.
E’ questa una qualità non da poco, considerando i tempi in cui viviamo.
Questo si manifestava quando esprimevi un parere sull’opportunità di fare una scelta su una voce o su un canto da inserire in uno spettacolo o su considerazioni di tipo più generale sapevi sintetizzare e mettere d’accordo tutti.
Eri il più ascoltato, quello che sentivamo più vicino al nostro modo di pensare.
Credo che questa condivisione sia dovuta a tante esperienze comuni, che ci hanno resi affini, pur nella diversità. Rivedendo le immagini dei nostri spettacoli quasi sempre mentre canti hai una espressione concentrata e consapevole, come la tua voce. Espressione che mostra quanto per te il canto sia stata una cosa importante, una tua forma di comunicazione. Forse per questo ti riusciva così bene perché avevi a cuore sia lo stile che il contenuto. Forma e sostanza che sapevi coniugare benissimo nelle interpretazioni dei canti sociali a cui tenevi maggiormente.
Altro aspetto del tuo carattere che abbiamo condiviso era la passione per gli animali. A me piacciono i cani meticci a te la razza particolare dei bernesi.
Ultimamente quando a te e a Iole è mancata la bellissima cagnolona Bea e a distanza di poco tempo, a me, la Fanny ci davamo appuntamento per consolarci reciprocamente.
Non ho più parole per descrivere quello che provo, con il cuore gonfio di tristezza ti abbraccio.
Tiziana
Mira Cigolini
Una mazzata questa notizia, e un senso di sgomento, di incredulitàe allora un fiume di immagini nella mente, le prove, i concerti, i posti, le parole, i momenti
e il senso di una perdita pesante.
Che giorni tristi.
Come faremo senza di te?
Senza la tua bella voce
Senza la tua bella persona
Senza ……
Istituto Ernesto De Martino
Sesto Fiorentino:
Caro Ezio,
vorrei tanto che ti facessi portatore presso i familiari egli amici di Antonio del mio rimpianto e stupore.
Lo stupore perchè niente sapevo e il rimpianto perchè poche sono state per me le occasioni di conoscenza e scambio.
Ho messo sul piatto del giradischi Il bosco degli alberi e per una
volta cerco i brani dove la sua presenza è più evidente.
Non potrò essere con voi Sabato prossimo al Bellezza;spero vi raggiunga
comunque il mio abbraccio e quello di tutti i compagni e le compagne
dell’Istituto
Ernesto de Martino.
Stefano Arrighetti
Ezio Cuppone
Perché non sei rimasto con noi?Perché sei andato via?
Avevamo ripreso un modo antico di cantare, quel modo che piaceva tanto a Bosio, quando, ancora ragazzi, preparavamo “Il bosco degli alberi”
Oggi come allora.
Ogni parola del testo va misurata, pesata, pensata, vissuta e così tra le varie sottolineature, richiami, freccette e parentesi i testi delle canzoni di Luisa non si leggevano più.
Sembravano scarabocchiati.
E invece lì c’era tutto il tuo sapere, il gusto dell’interpretazione, le inflessioni della voce, la rabbia, la sconfitta e la ribellione assieme.
E grazie a te il gruppo era cresciuto di colpo.
Quasi quasi non avevo più bisogno di scrivere le partiture.
Venivano da sole.
Bastava attaccare la linea melodica principale e le voci, come grappoli, si formavano attorno ad essa.
E ci sorprendevamo nel sentire con quale facilità e sincronia i suoni si fondevano.
E ricordi Patrizia quante volte ci fermava e lamentava che si stava eseguendo la melodia tutti all’unisono?
Poi quando si verificano le singole voci e e l’assieme, si ravvedeva
E per noi era motivo di orgoglio.
Avevamo fuso tutte le voci in una.
Questa è l’armonia.
Perché ci hai lasciati proprio ora?
Non importa se ogni tanto, durante le prove, tu e Demetrio ribaltavate il repertorio e cominciavate a cantare le poco mistiche canzoni dell’osteria milanese facendomi incazzare.
Era un momento di allegria, anche quello un momento di fusione spirituale con Gianfranco, che ci era mancato nel 2007.
Vi siete forse messi d’accordo te e Gianfranco di andare a cantare da altre parti, insieme?
Sai, ora che non sei qui vicino, te lo posso dire.
Il periodo di prove del Bosco è stato per me il peggiore della mia esperienza al Canzoniere Italiano.
Erano momenti di lotta dura e uno dei tanti slogan che si urlava nelle piazze era: “Operai e studenti uniti nella lotta”
Tu e Cristina eravate studenti, Franco e Gabriella diciamo operai ed io, piccolo impiegato borghese, ero il vostro nemico di classe.
E che culo che mi avete fatto!
Contestato a priori, anche se dicevo “Fuori piove”
Gli impegni con il Bosco finirono e ci perdemmo di vista. Qualche volta ti incontravo alla Festa Provinciale dell’Unità a vendere le coccarde.
Poi all’improvviso, nel 2005 comparisti, così, tanto per vedere e sentire e mi dicesti: Mi piace il gruppo, mi piacerebbe entrare a far parte!”
Io proprio non ero molto d’accordo, memore delle passate esperienze.
E invece, ancora una volta mi ero sbagliato.
Non eri più quel polemico rompicoglioni del Catacchio, eri Antonio, persona positiva e propositiva in ogni senso.
Ero felice di essermi sbagliato.
Ora che invece ho bisogno di te, abbiamo bisogno di te, te ne vai.
So che sarà dura, ma il gruppo deve andare avanti, perché quello che tu hai seminato in questi pochi anni assieme, in termini umani, di esperienza, di affetto verso le compagne e i compagni non può andare perso.
Martedì prossimo saremo ancora lì… te lo ricordo così, per non perdere l’abitudine di rivederci ogni settimana, anche se gioca il Milan. Ciao, caro vecchio amico mio