Ricordando Gianfranco Bianchi, Antonio Catacchio e Gianfranco Bacchetta

Gianfranco Bianchi

Sabato mattina  (14 dicembre 2019) abbiamo salutato Gianfranco al Cimitero di Lambrate in una sala gremita di compagni, amici, ex studenti.
Un primo saluto veramente glielo avevamo dato sotto casa sua sulle note di Bella ciao che però è venuta malino perché piangevamo quasi tutti.
La cerimonia ha visto alternarsi parole e musica; parole delle persone che più gli hanno voluto bene: sua figlia Paola, la sua compagna Christine, Maria Teresa strette in un abbraccio da sembrare una cosa sola; parole dei compagni con cui ha condiviso tante battaglie, all’interno dall’Anpi come nelle piazze durante tutta una vita.
Negli anni di militanza nella sezione Stadera-Gratosoglio, dapprima come vicepresidente e poi come presidente, Gianfranco ha sostenuto con determinazione l’importanza del dialogo con l’associazionismo giovanile antifascista: molti infatti sono stati i giovani intervenuti per augurargli buon viaggio (Collettivo Zam e GTA). Instaurare un rapporto di amicizia col Movimento “Kethane, Rom e Sinti per l’Italia” e con il Villaggio delle rose, è stato un altro punto del suo programma sul quale ha lavorato alacremente gettando le premesse di una assidua e proficua collaborazione: Dijana Pavlovic e Toni Deragna hanno preso la parola per ringraziarlo ancora e cantargli una canzone che lui amava moltissimo: l’inno rom Gelem, gelem. Altri sono stati i momenti musicali che hanno rimesso energia in circolo stemperando la commozione: brani partigiani del Coro ingrato così come altre militanti e scoppiettanti melodie della banda degli ottoni. I compagni e le compagne di Ya Basta e Casa Loca, oltre a ricordare il suo ruolo di formatore e profondo conoscitore della realtà del Chiapas, dove ha operato per vari anni come docente di matematica, hanno tradotto e letto dei comunicati attestanti il suo importante ruolo nel contesto internazionalista. E poi ancora canti perché al nostro presidente più di tutto, ci ha confidato sua figlia Paola, piaceva cantare. Sono state ricordate le molte sue qualità: la generosità, la vitalità quasi disperata, l’entusiasmo contagioso, l’allegria, l’abnegazione, la coerenza di testimoniare i suoi valori nella vita di tutti i giorni, la capacità di confrontarsi con chi non la pensava come lui nel rispetto delle idee, ma anche la determinazione testarda e lo spirito battagliero.
La commozione è stata tanta, certo, anche se quel saluto a molti non è sembrato un commiato. Qualcuno ha detto: “parleremo di te sempre al presente”. E uscendo dalla sala, tra pugni chiusi e abbracci, si percepiva una tensione positiva verso un modello difficile da eguagliare, che è stato il suo esempio di una vita piena di senso, vissuta all’insegna dei valori di giustizia e difesa dei più deboli, di antifascismo, antirazzismo, antisessismo e anticapitalismo come pratiche quotidiane: dal caffè zapatista ai pasti frugali, dallo stile dimesso, che pure sulla sua persona imponente non era privo di fascino, alla casa quasi spoglia ma impreziosita di dignitosa autoconsapevolezza.

Da ultimo Marco Cavina è giunto a una grande sintesi: “è un dolore che non so dire! Pensando a Gianfranco mi risuonano le parole…Ci giunga un giorno la notizia di una locomotiva come una cosa viva lanciata a bomba contro l’ingiustizia”. Questo era Gianfranco.

Ciao, Antonio

Antonio ci ha lasciati nella notte del 9 ottobre 2011.
Apriamo questa pagina a tutti coloro che vogliono ricordarlo con noi.

info@coroingrato.it

Il 22 ottobre alle 10 all’Arci di via Bellezza hanno ricordato Antonio gli amici e i compagni che in questi anni lo hanno conosciuto

locandina

Ricordiamo Antonio (foto)

Cecilia Chiovini:

Caro Antonio,
ti vedo sempre
Sei sempre con noi
con la tua chitarra
il sorriso sornione
e la voce bellissima

Gabriella Merlo

Alcuni anni fa regalandomi una registrazione in cd del “Bosco degli  Alberi”, Antonio mi scrisse una dedica sulla copertina: “A  Gabriella compagna di un pezzo degli anni più belli della mia giovinezza”. Vero, è stato proprio così, un pezzo della nostra vita si era unito in quegli anni, tutti avevamo un grande entusiasmo e tanta voglia di esprimere il nostro senso di cambiamento della società , attraverso le nostre voci e le nostre parole. Quel pezzo di giovinezza trascorso nell’impegno giornaliero tra il lavoro, lo studio, la politica e le nostre canzoni ma anche le continue discussioni. In quegli anni vivevamo le stesse emozioni e la nostra partecipazione all’interno del gruppo era prioritaria perché motivata da grandi ideali ma anche grande amicizia e stima. Antonio era la nostra voce narrante ed anche il mio idolo, bello e fiero, intelligente e colto, passionale nelle sue convinzioni politiche, ma anche ironico con le sue battute che mi facevano tanto ridere… Allora ci si sentiva forti, credevamo alle nostre idee ed alle nostre potenzialità. Invece non ….sapevamo di essere fragili, fragili per la nostra vita, per molti purtroppo troppo breve. Molti amici in questi anni mi hanno e ci hanno lasciato, molto prima della vecchiaia,molto prima della tranquillità che ci aspettavamo. Caro Antonio, negli occhi del tuo adorato figlio rivedo te, lo stesso sguardo deciso, sono sicura che non avrai mancato di trasmettergli tutto il tuo sapere…. Grazie della passione e dell’amore che ci hai dato, grazie della tua preziosa amicizia. Per come hai condotto la tua vita ti dedico queste parole …le rose profumano di rose……. Mi mancherai tanto, sempre.

Monica Trabattoni

Nonostante le perplessità di molti avevi tanto insistito per provare e riprovare una canzone con un titolo che adesso acquista un particolare significato: “Numi voi siete spietati”. Lo sapevamo già prima, ma adesso ogni ora che passa mi e ci rendiamo conto di quanto fossero  necessari i tuoi suggerimenti sugli arrangiamenti, le intonazioni, le interpretazioni ed il peso da dare alle parole. Non solo le parole delle canzoni, ma anche quelle del Coro. Le parole forti di certe sere cariche di tensione che molto spesso grazie a te siamo riusciti ad attenuare, lasciandocele alle spalle come le giornata pesante che magari avevamo avuto. Tante proposte in risposta ai dubbi: questa come si canta e chi la canta e perché la canta? Per il disco sul ’68 abbiamo passato più tempo a discutere che a cantare, sono stati momenti di confronto di diverse posizioni e per me, che in quegli anni potevo militare solo all’asilo delle suore, un modo per conoscere la nostra storia recente. I dubbi ce li hai lasciati fino alla fine: alura…sei morto o no nella stessa data del Che, comunista rivoluzionario che non sei altro?!
La memoria del passato e uno sguardo al futuro, come quando ci hai detto che avevi trovato un diario di tuo padre di cui non conoscevi l’esistenza  e che “ci volevi fare qualcosa”, o  come quando, sorridendo, ma con malcelato dispiacere ci hai detto che Federico sarebbe andato ad abitare per conto suo, con queste testuali parole: “Quando un figlio va via, ti manca il confronto; un po’ come perdere i contatti con il futuro”.
Già perché pensavi di avere ancora molto futuro davanti…
Ci eravamo salutati con l’idea che non ti avremmo visto per un mesetto e quindi per questo avevamo sentito la necessità di fare delle doppie prove prima della tua partenza, perché sapevamo che la tua presenza era importante.
Hanno un bel dire che è stata una bella morte… meglio di una lunga malattia…mah, forse vero, però io  non la mando giù lo stesso!
Ognuno di noi ha in testa un elenco di persone di cui si potrebbe tranquillamente fare a meno e sono sicura che tu non rientri nell’elenco di nessuno.
Insomma, io a questo fatto non mi rassegno.
Per essere espliciti: mi hoo perdù la  Trebisunda, ma ti te set un Malnatt!

Anna

E’ che io ti ho conosciuto nella tua cucina, cantando questo mio amore. e tutto l’imbarazzo della conoscenza con “il papà del fidanzato” è scivolato via in un secondo, nel calore di una voce che, mannaggia, Federico proprio non ha.
E poi ho conosciuto i tuoi sguardi dolci e i tuoi abbracci, ho spiato l’amore per la tua famiglia e la gioia delle cene insieme, con la tavola apparecchiata a festa, e il vino e l’aperitivo.
E poi le chiacchiere per una vita complicata, ma il sorriso quello sempre, il sorriso quello del “resistiamo”. e la tua ultima email, in risposta ai miei auguri per il tuo compleanno, quel noi in fondo ce la caviamo se il mondo non crolla sotto le varie manovre e manovrine.
qui sono rimaste ste fottute manovre e manovrine.
E noi qui, con lo stesso tuo sdegno e un dolore prima ignoto.
Io ti ho voluto bene e mi viene da piangere. piangere per me, non solo per il dolore negli occhi di Jole e Fede.

Tiziana Oppizzi

Nei giorni scorsi, a botta calda,  c’è stato il rifiuto a pensare che i prossimi martedì  tu non eri più tra noi e che non avremmo più potuto chiacchierare in macchina durante la strada che ci portava alle prove del nostro coro .
Mi ripetevo che  non era possibile, non poteva  essere vero!
Solo oggi riesco a mettere a fuoco le immagini che troppo velocemente passano nella mente in questi tristi momenti.
Poi ho cercato di ricordare quando ci siamo conosciuti, o meglio ritrovati.
E mi sono ricordata che nel 2005, 2006 dopo tanti anni, ci siamo incontrati durante le prove e riconoscendoti,  ti ho domandato se per caso avevi una sorella di nome Donatella e che io ero la sua compagna di banco delle elementari.
E’ stata una “carrambata” che ci ha fatto ridere di cuore, prendendo atto del fatto che erano passati “solo” cinquant’anni da quando venivo a fare i compiti a casa vostra!
Nel nostro coro il tuo carattere gioviale e burlesco predisponeva al sorriso e sapeva stemperare gli inevitabili  momenti di tensione che ogni tanto si creavano. Avevi la capacità di unire e di farci ragionare in modo “collettivo”, non parziale, ristretto.
E’ questa una qualità non da poco, considerando i tempi in cui viviamo.
Questo si manifestava quando esprimevi un parere sull’opportunità di fare una scelta su una voce o su un canto da inserire in uno spettacolo o su considerazioni di tipo più generale sapevi sintetizzare e mettere d’accordo tutti.
Eri il più ascoltato, quello che sentivamo più vicino al nostro modo di pensare.
Credo che questa condivisione sia dovuta a tante esperienze comuni, che ci hanno resi affini, pur nella diversità. Rivedendo le immagini dei nostri spettacoli quasi sempre mentre canti hai una espressione concentrata e consapevole, come la tua voce. Espressione che mostra quanto per te il canto sia stata una cosa importante, una tua forma di comunicazione. Forse per questo ti riusciva così bene perché avevi a cuore sia lo stile che il contenuto. Forma e sostanza che sapevi coniugare benissimo nelle interpretazioni dei canti sociali a cui tenevi maggiormente.
Altro aspetto del tuo carattere che abbiamo condiviso era la passione per gli animali. A me piacciono i cani meticci a te la razza particolare dei bernesi.
Ultimamente  quando a te e a Iole è mancata la bellissima cagnolona Bea e a distanza di poco tempo, a me, la Fanny ci davamo appuntamento per consolarci reciprocamente.
Non ho più parole per descrivere quello che provo, con il cuore gonfio di tristezza ti abbraccio.
Tiziana
 

 Mira Cigolini

Una mazzata questa notizia, e un senso di sgomento, di incredulità
e allora un fiume di immagini nella mente, le prove, i concerti, i posti, le parole, i momenti
e il senso di una perdita pesante.
Che giorni tristi.
Come faremo senza di te?
Senza la tua bella voce
Senza la tua bella persona
Senza ……

Istituto Ernesto De Martino
Sesto Fiorentino:

Caro Ezio,
vorrei tanto che ti facessi portatore presso i familiari e
gli amici di Antonio del mio rimpianto e stupore.
Lo stupore perchè niente sapevo e il rimpianto perchè poche sono state per me le occasioni di conoscenza e scambio.
Ho messo sul piatto del giradischi Il bosco degli alberi e per una
volta cerco i brani dove la sua presenza è più evidente.
Non potrò essere con voi Sabato prossimo al Bellezza;spero vi raggiunga
comunque il mio abbraccio e quello di tutti i compagni e le compagne
dell’Istituto
Ernesto de Martino.
Stefano Arrighetti

Ezio Cuppone

Perché non  sei rimasto con noi?
Perché sei andato via?
Avevamo ripreso un modo antico di cantare, quel modo che piaceva tanto a Bosio, quando, ancora ragazzi, preparavamo “Il bosco degli alberi”
Oggi come allora.
Ogni parola del testo va misurata, pesata, pensata, vissuta e così tra le varie sottolineature, richiami, freccette e  parentesi i testi delle canzoni di Luisa non si leggevano più.
Sembravano scarabocchiati.
E invece lì c’era tutto il tuo sapere,  il gusto dell’interpretazione, le inflessioni della voce, la rabbia, la sconfitta e la ribellione  assieme.
E grazie a te il gruppo era cresciuto di colpo.
Quasi quasi non avevo più bisogno di scrivere le partiture.
Venivano da sole.
Bastava  attaccare la linea melodica principale e le voci, come grappoli, si formavano attorno ad essa.
E ci sorprendevamo nel sentire con quale facilità e sincronia i suoni si fondevano.
E ricordi Patrizia quante volte ci fermava   e lamentava che si stava eseguendo la melodia tutti all’unisono?
Poi quando si verificano le singole voci e e l’assieme, si ravvedeva
E per noi era motivo di orgoglio.
Avevamo fuso tutte le voci in una.
Questa è l’armonia.
Perché ci hai lasciati proprio ora?
Non importa se ogni tanto, durante le prove, tu e Demetrio ribaltavate il repertorio e cominciavate a cantare le poco mistiche canzoni dell’osteria milanese facendomi incazzare.
Era un momento di allegria, anche quello un momento di fusione spirituale con Gianfranco, che ci era mancato nel 2007.
Vi siete forse messi d’accordo te e Gianfranco di andare a cantare da altre parti, insieme?
Sai, ora che non sei qui vicino, te lo posso dire.
Il periodo di prove del Bosco è stato per me il peggiore della mia esperienza al Canzoniere Italiano.
Erano momenti di lotta dura e uno dei tanti slogan che si urlava nelle piazze era: “Operai e studenti uniti nella lotta”
Tu e Cristina eravate studenti, Franco e Gabriella diciamo operai ed io, piccolo impiegato borghese, ero il vostro nemico di classe.
E che culo che mi avete fatto!
Contestato a priori, anche se dicevo “Fuori piove”
Gli impegni con il  Bosco finirono e ci perdemmo di vista. Qualche volta ti incontravo alla Festa Provinciale dell’Unità a vendere le coccarde.
Poi all’improvviso, nel 2005 comparisti, così, tanto per vedere e sentire e mi dicesti: Mi piace il gruppo, mi piacerebbe entrare a far parte!”
Io proprio non ero molto d’accordo, memore delle passate esperienze.
E invece, ancora una volta mi ero sbagliato.
Non eri più quel polemico rompicoglioni del Catacchio, eri Antonio, persona positiva e propositiva in ogni senso.
Ero felice di essermi sbagliato.
Ora che invece ho bisogno di te, abbiamo bisogno di te, te ne vai.
So che sarà dura, ma il gruppo deve andare avanti, perché quello che tu hai seminato in questi pochi anni assieme, in termini umani, di esperienza, di affetto verso le compagne e i compagni non può andare perso.
Martedì prossimo saremo ancora lì… te lo ricordo così, per non perdere l’abitudine di rivederci ogni settimana, anche se gioca il Milan. Ciao, caro vecchio amico mio

Gianfranco Bacchetta

Gianfranco

4 aprile 2007

Era il tempo, e la voglia di cantare
inondava la tua certezza di dare,
riempiva vuoti e silenzi,
ci dava forza e coraggio,
stavamo bene insieme!
Quante volte, quante volte
ti uscivano dal cuore parole e sogni
e speranze e amore,
per te Gianfranco era normale,
per altri forse no.
Ma noi siamo qui per imparare
stiamo ancora qui a cantare
con te o senza te!
questa lotta che è uguale,
questa lotta che ti ha visto sempre davanti a noi,
sempre presente, sempre attento ai fatti.
Attento ora, stacci a guardare!
ascoltaci ancora per sentire
parole, pensieri, follie d’amore.
Guardaci in viso, tienilo a memoria,
abbiamo il tuo sorriso, il tuo canto;
abbiamo voci e cuore per parlare sempre di te,
amico Gianfranco, che hai deciso di volare
più in alto sopra di noi, sopra tutti noi
per una nuova melodia, per un canto sicuro,
di certezza e di sincerità,
canto di pace, di uguaglianza e libertà.
La tua voglia di dare s’è fatta grande
e dentro noi per sempre resterà
attenta e sempre pronta,
perché davvero,
chi ha compagni non morirà
(Sandra Boninelli – Ponteranica 7 aprile 2007)
 
Fredda e dura più del ghiaccio
L’ultima frase della canzone “E qualcuno poi disse” che cantavi così bene e che mi è venuta il mente subito quando ho saputo che non c’eri più. Concludevi con voce spezzata, tronca, non ho mai fatto caso, ma ora sì, ho capito.
Ho aspettato a scriverti da un posto che a te piaceva e che hai frequentato in varie occasioni di festa.
Per noi del Coro tu Gianfranco eri esempio di forza, modello positivo non solo per la tua personale lotta contro la malattia, (che hai sopportato e combattuto sapendo vedere oltre) ma in generale per il modo di rapportarti con la gente. Mai invadente, mai primo della classe, anche se ne avevi le capacità; anche quando avevi ragione non hai mai voluto prevalere. In un Coro queste cose emergono perché è un po’ un microcosmo in cui tutte le singole identità si esprimono e prima o poi vengono a galla. Anche se non eri tanto loquace al momento buono sapevi dire la cosa giusta, azzeccata, dicendo: ” no, qui stiamo sbagliando…proviamo a fare così”. Con stile sapevi consigliare, dote rara oggi.
Per questo la tua mancanza, man mano che passa il tempo, si farà sempre più marcata proprio per questo tuo modo discreto e consapevole di stare in mezzo a noi.
A Franca, che ti ha accompagnato con grande forza fino all’ultimo, ho scritto: ” Gianfranco sarà sempre con noi”. La tua bella voce, speciale, che scaturiva dal sentire profondo, non la sentiremo più, ma la tua amicizia e il tuo senso del gruppo quello non lo dimenticheremo mai!
Addio caro amico
(Tiziana Oppizzi – Pianello Val Tidone, 14 aprile 2007)
 
Un amico speciale
E’ passato poco più di un mese da quando Gianfranco non c’è più e ancora è difficile razionalizzare questo fatto.
Non vederlo alle prove del Coro, ma sentirlo presente ad ascoltare, valutare e suggerire è una cosa ancora normale, come ha sempre fatto. Più strano è stato non vederlo allo spettacolo di Arona a cui teneva moltissimo, ma ancora lo sentivo partecipe con la sua voce da basso capace, come un tappeto sonoro, di amalgamare le nostre voci, in particolare la mia.
Mi sto rendendo conto che Gianfranco non verrà più, come aveva promesso solo pochi giorni prima di mancare a noi che lo eravamo andati a trovare. Un comportamento che mi ha emozionato profondamente: davanti alla malattia che lo stava consumando aveva ancora la forza e la voglia di essere con noi e fare progetti.
E quante volte, nei mesi passati, davanti a quel suo atteggiamento sempre sereno, discreto, calmo, ironico, pieno di vita mi sono detto, o sperato, che forse non era così malato come dicevano, che magari i medici avevano sbagliato….e oggi penso che sia stata una grande lezione di coraggio che Gianfranco ha lasciato a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
Troppo breve è stata la nostra frequentazione, ma mi piace ricordare i momenti conviviali, i giorni di Rosignano e da ultimo la sua festa di compleanno. Voglio ricordarlo sorridente, pronto allo scherzo e alla battuta, capace di dimenticare forse anche solo per un attimo la sua situazione, capace soprattutto di farla dimenticare a noi che gli eravamo intorno e questo fa capire quanto speciale era Gianfranco.
Grazie amico
(Claudio Piccoli – Pianello Val Tidone- 14/04/2007)
 
Gianfranco, caro, canta sempre con noi!
La sera del 4 aprile, la speranza che per due anni ci ha accompagnato, è stata sopraffatta dal vuoto, dal silenzio.
Ho raccolto il tuo ultimo canto, sommesso, discreto come sei tu, ma nello stesso tempo forte nella determinazione, caldo nella voce e profondo nel rispetto degli altri e nell’amore per la vita.
Non posso dimenticare il giorno in cui abbiamo salutato Pietro; nel grande dolore hai affermato: “Se cantiamo ci sentiamo più forti”.
Può essere un’idea anche per noi che, cantando le canzoni che tu hai tanto amato, intendiamo onorare la tua memoria e sentirti vicino ed ascoltare sempre la tua intonazione e le profonde espressioni della tua bella voce.
Dacci tu la forza di affrontare questo momento di tristezza e sbandamento.
Ci stringiamo a te.
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Mi hai salutato una sera d’aprile, mi hai detto “Vai, tu vai a cantare: attenta ai tempi, non ritardare, attacchi puliti e via, con scioltezza. Saluta gli amici, dì loro che non posso, non riesco a cantare e mi dispiace, sai, mi dispiace tanto. Ormai è finita la vita.”
Sembra semplice come un respiro, come un pensiero senza confini, le mani stringono sempre più forte.” Tu non stare sola – hai detto più volte; ci sono gli amici, sono molto cari, tenetevi stretti, unite le voci chè quando si canta ci si sente più forti.”
E quando tutto sfuma verso il declino e non si sa, non è chiaro, forse non è vero; rimane il sorriso, il tuo sorriso dolce che abbraccia la vita affrontando la morte.
(Franca Nolo)
 
La tua voce non può tacere
Caro Gianfranco, non pensare di essertene andato, sei sempre qui con noi, la tua bella voce così bassa e profonda fa da sottofondo a tutte le canzoni. Ezio guarda dalla tua parte per avere il consenso e io osservo i tuoi occhi che parlano, quando non ti piace, quando va bene, così così.
Una persona speciale come te, un compagno caro, non può tacere e la tua voce noi la sentiamo
(Cecilia Chiovini)
 
Un bel ricordo
Capita che pensando ad alcune persone sorga spontaneo un sorriso, perché sono persone buone, perché sono persone gentili educate e rare.
Un tuo amico, ricordandoti, ha detto di rivederti “quando compravi le cianfrusaglie degli stranieri per dare loro una mano, per gesto di solidarietà”. Questa figura mi ha colpito, mi ha commosso, si adatta al mio pensiero di te, al tuo andare incontro, al tuo aiutare con gesti concreti, con l’umanità che non parla ad alta voce ma fa cose concrete e necessarie.
E’ un bel ricordo. Con affetto.
(Mira Cigolini)
 
Cantiamo molto di Resistenza
e sappiamo di averla scritta nella memoria. Ma è il valore della Resistenza stessa, fatto di coraggio ma anche di ironia, “seria” che non minimizza, le vere qualità che hai saputo impersonificare  con tanta dignità in questi ultimi due anni. Hai lottato con forza, rispetto e senza mai perdere quel sorriso a volte quasi irriverente ma sempre intensissimo che fioriva sul tuo viso ogni volta che si cantava insieme. E le tue parole, mai troppe, ma sempre e solo quelle giuste. Non smettere mai di ascoltarci tutti…e di sorridere dei battibecchi o dei pasticci che combiniamo di tanto in tanto. Sono giovane, e tanto di me si dovrà ancora definire, ma sono gli esempi come te, Gianfranco, che mi tengo stretti nel cuore, perché sono tutto quello in cui ho imparato a credere.
(Caterina Mosca)
 
Sentirlo amico e compagno
Ho avuto la fortuna di frequentare -impossibile dire conoscere – Gianfranco due sole volte, prima che la malattia lo colpisse. E in quelle due serate – una alla prova del Coro cui mi accostavo per la prima volta, l’altra a una cantata sulla Resistenza a un’iniziativa dell’Anpi – il segno che di Gianfranco mi aveva colpito era la leggerezza.
Nell’approccio interpersonale, nell’aiutarti minimizzando le tue difficoltà a memorizzare note e parole. Ma anche, e soprattutto, la leggerezza di spirito che ci aveva portato – complici – a trasformare una serata di canti seri sul palco, in una piacevolissima occasione di happening popolare allargato a tutta la tavolata dei presenti., finendo a cantare canzoni d’osteria della nostra giovinezza e anche, con l’aiuto di abbondanti libagioni, canzonacce goliardiche che solo la sua leggerezza – appunto – sapeva preservare da qualunque sentore di volgarità.
Subito dopo – come una mazzata – la notizia del male che lo aveva colto.
E la scoperta che la sua leggerezza si accompagnava a una forza, una determinazione, un coraggio nel combattere il male assolutamente fuori del comune.
Tutto il tempo – troppo breve – che ho avuto la fortuna di passare con lui mi ha permesso di conoscerlo e di sentirlo amico e compagno /parola bellissima “che mangia lo stesso pane” – anche se nella sua generosa ospitalità in una domenica di primavera a Gattico aveva aggiunto al pane abbondanti razioni di tapulone, piatto della sua terra che sapeva cucinare con l’amore di chi mantiene radici profonde nella sua cultura di origine).
Gianfranco sapeva di avere i giorni contati, ma li ha saputi vivere – tutti come se il tempo fosse infinito: continuare a fare progetti e realizzarli, a cantare, a suggerire soluzioni condivise nelle discussioni del Coro, e immagino anche fuori di esso.
Con una forza che può nascere o da una sentita convinzione religiosa o da un umanesimo profondo, che trova all’interno dell’uomo le ragioni di una morale alta, di una dignità che resiste alle prove più dure.
Non so – né m’interessa saperlo – da quale fonte Gianfranco traesse la sua forza. Quel che mi interessa è l’esempio che mi ha saputo dare di come affrontare le vicissitudini e le avversità di questa nostra vita – dalle più banali a quelle estreme – sapendo mantenere lo sguardo alto verso il cielo.
Ciao Gianfranco, e grazie
(Antonio Catacchio)
 
Carissimi,
Ho letto con grande emozione tutte le cose belle che avete dedicato a Gianfranco nel vostro sito.
Ve ne sono grato e vi ringrazio soprattutto per avergli dato, quando era ancora con noi, il vostro appoggio e la vostra amicizia.
Mio fratello vi voleva bene e lottare, credere, costruire, cantare con voi è stata la vera cura che gli ha consentito di sopportare il suo dramma.
Da parte mia e di Kin un forte abbraccio a tutti voi ed in particolare a Franca che per noi è stata una cara sorella che ha accompagnato con amore Gianfranco nel suo ultimo viaggio.
Cesare Bacchetta
 

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